Il fallimento che nessuno vuole vedere
Quante volte te lo sei chiesto, sottovoce o con rabbia? Magari davanti a uno specchio, a un piatto sbagliato, a un messaggio che non arriva.
Oggi voglio parlarti di qualcosa che raramente viene mostrato, tantomeno premiato: il fallimento.
Nella società in cui viviamo fallire non è contemplato.
La sconfitta viene ridotta solo ad un brevissimo preludio di grandi vittorie e successi e il tempo speso per analizzarla non può essere più di 30 secondi. Laddove non venga seguita da un finale trionfante viene esclusa dalla narrazione e nascosta sotto un tappeto di “scuse”.
L’essere umano è per definizione narciso ed egocentrico e non riesce ad ammettere di essere fallibile.
Nasconde i suoi difetti e le sue mancanze tanto quanto evita il discorso circa la sua mortalità.
Siamo tutti orientati alla vittoria e ai grandi risultati ma chi non conosce la sconfitta, nel profondo, difficilmente raggiungerà il successo.
Motivazione, ostacoli e verità scomode
Ogni giorno mi relaziono con pazienti che si aspettano risultati positivi quando durante il mese hanno avuto delle difficoltà a seguire le mie indicazioni o le hanno ignorate o hanno fatto di testa propria. In certe occasioni se la sfangano, come è giusto che sia, mentre in altre la dura realtà è innegabile.
Qui subentra il grande nemico de-motivazione; “non ci riesco e non ho neanche la spinta a volerci riuscire”.
La catastrofe è vicina.
Spesso mi guardate con gli occhi sgranati in attesa di una soluzione rapida. Cerotto sul graffio e via.
Io sorrido: è qui che arriva il vero cambiamento.
Con alcune persone che fanno sempre tutto bene non c’è modo di scontrarsi, ahimè. Con altre, si arriva a tematiche più profonde.
Se non fallisci non impari. Solo il 2% della popolazione riesce ad imparare dai fallimenti degli altri ma siamo tutti sufficientemente presuntuosi da pensare di essere tra quelli.
Spoiler: no.
Più cadi, più ruzzoli con forza, più ti ferisci e più, con il giusto maestro, puoi sperare di cavare un ragno dal buco e migliorare. Questo solo quando e se, ti rialzerai.
Banale? Forse. Vi sto portando la mia esperienza personale forgiata ogni volta che ho preso un pugno in faccia perché avevo il destro basso, da ogni caduta da cavallo, dalla moto, dalla montagna, bocciatura all’università (si, l’esame di matematica). Ogni fallimento personale, ogni sbucciatura di ginocchio mi ha insegnato molto di più di lustrini colorati e premi.
Detto ciò non voglio fallire, non mi piace il sapore del sangue in bocca o delle mie lacrime. Non sono affezionata al dolore e nessuno dovrebbe esserlo.
So soltanto che è inevitabile e invece che fuggire va affrontato con i tutti mezzi che abbiamo.
Fallire fa parte del processo
Tornando alla dieta e al fallimento della costanza e motivazione – è normale. È sano che la motivazione scenda, che sia faticoso rinunciare alla pizza improvvisata con gli amici. Ma certo che è più comodo il divano di una sala pesi che puzza. È sacrosanto che sia più buono il gelato dello yogurt magro.
Non vi sto rivelando l’assurdo, l’essere umano vuole stare comodo, vuole scappare dalla fatica, vuole rimanere nella sua condizione di equilibrio. Si chiama “omeostasi”, è la nostra fisiologia che ce lo impone.
Nel campo dell’alimentazione, il fallimento è dietro l’angolo: vi propongo di modificare le vostre abitudini (il meno possibile ma comunque…) vi impongo di pesare quello che mangiate, di misurare, di programmare e allo stesso tempo di faticare. È tra le cose più difficili che ci siano anche e soprattutto perchè la mia proposta non riguarda 1 giorno o una settimana ma è spesso molto più a lungo termine.
Non siamo abituati alla fatica e alla disciplina, è normale fallire. Non me ne stupisco. Anzi lo trovo umano.
Nel mio piccolo cerco di fare da educatrice per far acquisire degli strumenti che se usati con cura possono fare la differenza fra felicità e insoddisfazione.
Per quello che mi riguarda si fallisce veramente quando si smette di provare. Quando si rinuncia.
Guardiamo in faccia il fallimento, impariamo da lui. E poi – riproviamoci.
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